Sul dolore degli altri non si può costruire la propria felicità!

P. Diego Spadotto

La memoria è la radice non solo della personalità, ma anche della cultura, della coscienza storica di un popolo, la radice delle religioni. La memoria del cuore, quella emotiva, è poi fondamentale, quasi non esiste ambito dei nostri ricordi che, in qualche misura, non faccia capo al cuore. La memoria biblica, è memoria del cuore, parla a nome di un’umanità che si fa storia, porta con sé il passato e guarda avanti, raccoglie i feriti e i caduti, vittime delle battaglie della vita, per portarli in un luogo sicuro, la misericordia di Dio. La memoria biblica è contemporaneità:  “Oggi” è nato per voi il Salvatore”; “Oggi” si sono compiute queste parole del profeta Isaia”; “Oggi” la salvezza è entrata in questa casa”; “Oggi” sarai con me in paradiso”. Dalla memoria biblica del cuore nasce l’attualità della Missione che Gesù affida alla sua Chiesa perché, spesso, la sola memoria umana serve per occultare il presente, per non rispondere alle domande vere, diventa abuso di parole che nessuno sa più cosa vogliono dire, si trasforma in ossessione che nega la speranza e la salvezza. Oggi l’umanità sembra infetta da questa forma vile e violenta di fare memoria, così continuano le guerre fratricide e il mare continua a diventare un cimitero di ignoti, come nel tempo in cui le navi negriere gettavano in mare gli schiavi senza nome, senza speranza e senza futuro.

Il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”, non è vanagloria, non è arroganza, è memoria di una salvezza ricevuta in dono e “oggi”, é responsabilità che si fa carico non solo degli altri ma anche della propria contingenza e del proprio limite di ciascuno. Nella memoria di ogni essere umano sono reperibili le tappe della sofferenza e della speranza, per continuare a vivere e a trasformare in insegnamento d’amore anche il fatto, a volte, di non essere amati. La nostra missione educativa, attraverso la forza della memoria biblica, aiuta a far sì che anche  il dolore, la sofferenza, le violenze subite, si trasformino in possibilità di speranza e di vittoria su ogni tipo di paura. La Giornata dei Missionari Martiri, nella memoria del martirio di Mons. Oscar Romero, ricorda che sul dolore degli altri non si può costruire la propria felicità, che le persone non possono essere ridotte a vivere di paure e amarezze, perché troppi vogliono la felicità a tutti i costi solo per il proprio corpo e i propri beni. Così l’indifferentismo imperversa con atteggiamenti mascherati da esagerate professioni di fede e alleanze per soccorre i popoli affamati ma non per fare giustizia e eguaglianza. Tutto questo i giovani lo sanno. Anche quelli che hanno spezzato il legame con l’identità cattolica ritenendosi ateo-agnostici di indifferenza religiosa o stanno in stand by e ritengono che gli orizzonti sconfinati della scienza favoriscano il non credere, che pensano che con la scienza si possa spiegare ogni cosa. Ai giovani che vogliono la giustizia e la felicità ma non costruite sulla sofferenza degli altri, Papa Francesco affida la missione di:

1.     Lasciarsi inquietare  dalle ingiustizie che ci sono nel mondo, vicine o lontane, ma sempre causa di inaudite sofferenze.

2.     Diffidare del proprio egoismo, della propria comodità, del proprio punto di vista, e cercare il punto di vista dell’altro.

3.     Non dare mai per scontata una soluzione, come se fosse assolutamente giusta, e sottoporla sempre a critica.

4.     Non cedere alla tentazione di disfattismo, perché in tal caso ogni impegno per la giustizia viene tagliato alla radice.

5.     Affidarsi  al mistero di Dio che regge il mondo, di dare fiducia alla parola: “cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33).