I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

In prossimità del mese missionario e della giornata mondiale 2017.

 

P. Diego Spadotto

Nell’ultimo Notiziario di Congregazione  (gennaio – giugno 2017) il Superiore generale ricorda il suo viaggio esplorativo (6 a 15 marzo 2017) in Timor Leste, assieme a p. José Siqueira, per studiare la possibilità di una apertura missionaria nella diocesi della città di Dili, capitale del piccolo Stato asiatico. Là ha incontrato il Vescovo Mons. Virgilio do Carmo da Silva e il cancelliere della diocesi p. Ludgerio, altri sacerdoti, religiosi e religiose. Questa notizia, a pag. 38 del Notiziario, è collocata con discrezione e pudore, quasi con la paura di disturbare la sensibilità molto poco missionaria di alcuni confratelli. Nello stesso Notiziario, molto opportunamente, è stata inserita una lettera del Superiore generale degli Scolopi. Nello spirito dell’Anno Calasanziano, p. Pedro Aguado, commemora i quattro anni dell’arrivo degli Scolopi in Indonesia. E una lettera piena di entusiasmo, di fiducia missionaria, di gioia evangelica e di sentimenti di ringraziamento al Signore per “l’audacia missionaria dell’Ordine” che continua ad aprire missioni in Asia, in particolare in Indonesia, scrive testualmente: “La presenza scolopica a Timor Leste è un obbiettivo primario del nostro Ordine”. Noi Cavanis apparteniamo alla Famiglia Calasanziana, chiediamoci: perché due “buone notizie di possibili aperture missionarie” sono presentate con toni completamente diversi? Con certezza, il problema non sta nei due Superiori generali. Se non sta in loro, dove sta?

Proprio perché apparteniamo alla Famiglia Calasanziana fa bene a tutti noi Cavanis la lettura attenta della bellissima lettera del p. Pedro Aguado. Sarebbe un’ottima preparazione al Mese Missionario e una modalità concreta di celebrare la Giornata Missionaria Mondiale. Nella lettera di P. Pedro c’è lo spirito di San Giuseppe Calasanzio, il nostro Santo, e tutta la carica carismatica per la “povera gioventù”, dei nostri P. Antonio e P. Marco Cavanis. La fisionomia degli Istituti religiosi è completamente cambiata, le giovani chiese entrano in missione, il vangelo non è arrivato a tutti i popoli, è ora di cambiare registro con nuovi modelli di missione e di missionari, con motivazioni spirituali, evangeliche e antropologiche, legate alla realtà del mondo attuale. La missione non si declina più sul verbo fare per, ma sui verbi essere e amare. E questo richiede formazione missionaria. Missionari con l’odore delle pecore e non con l’odore di benzina o dei sedili dell’auto, o di comode poltrone. Compito di ogni animazione missionaria dovrebbe essere quello di risvegliare una coscienza missionaria che oggi appare sfuocata o spenta e di andare” effettivamente in missione hic et nunc e ad gentes, lo Spirito è lungimirante, soffia lontano. La posta in gioco è semplice ma anche molto, molto seria. Speriamo di non perdere il passaggio dello Spirito, ancora una volta.

Il “tema” del Mese Missionario 2017 è: La messe è molta. Il tema è chiaramente evangelico anche come richiesta perché il Signore “invii operai nella sua messe”, ed é ben conosciuto da noi Cavanis, al punto che è diventato una giaculatoria. Sulla “storia” di questo tema sono illuminati le parole del P. Giovanni De Biasio nel testo scritto per i primi 25 anni della presenza Cavanis in Brasile 1968/1993. La riflessione sulle pagine dall’11 alla 48 del libro “A Serviço da Igreja e dos Jovens”, insieme con la lettera del P. Pedro Aguado, possono servire come argomenti di riflessione comunitaria e personale, nel mese missionario, ottobre 2017. Dell’Africa e dell’Asia, l’Occidente vuole tutto: ricchezze del sottosuolo, del suolo, delle foreste e della fauna, delle montagne e dei mari, solo non vuole le persone. Queste vuole eliminarle. La Chiesa e la Congregazione hanno bisogno di missionari liberi da preconcetti, da rivalità meschine, da sospetti e da protagonismi. Solo a questo punto il Signore invia “alla sua messe”. Questa è la sfida della missione. In missione prima delle nostre competenze e conoscenze, del nostro pensiero causa/effetto, dei nostri calcoli e della comprensione di atteggiamenti che fatichiamo a capire, c’è la parola incarnata di Gesù: “ho compassione di queste moltitudini, sono come pecore senza pastore”.